My personal Sense and even more Sensibility

Quanto spesso capita di imbattersi nella lettura di un libro che da anni accumulava polvere nella libreria di casa, aspettando il momento migliore o l’umore giusto, oppure un best seller prestato da un amico, un classico consigliato da un professore o un romanzo comprato un pomeriggio in centro per l’esaltante critica sui giornali o anche solo per l’estetica della grafica di copertina (ammetto di non esserne neutrale), il titolo invitante o il profumo della carta stampata. Quante volte capita, poi, di accorgersi che pur dopo venti pagine non si sappia bene se ci piace o no, perché il protagonista non ci ha ancora stupito abbastanza, o lo stile non ci cattura, o non ci ritroviamo nelle atmosfere assurde o inattuali della vicenda, eppure abbiamo parecchio tempo libero e continuiamo a leggere, come se sentissimo che prima o poi dovrà manifestarsi la ragione per cui il destino ci ha messo fra le mani proprio quel libro. Non è raro poi che nel periodo della lettura si inizi a pensare e ad esprimersi nei modi descritti nel testo in questione, ad esempio con l’acutezza filosofeggiante di Barbery nell’Eleganza del riccio o la semplicità adolescenziale di Murakami in Norwegian Wood.

È successo a me che, una volta affittato il DVD di Pride and Prejudice, ho deciso a inizio autunno di un forzato anno sabbatico di cullarmi ancora un po’ nel romanticismo della campagna britannica dell’ottocento, nonché esercitare il mio inglese, aprendo Sense and Sensibility di Jane Austen, edizione economica in lingua originale. Spinta dalla mia fievole memoria riguardo alla trama e inconsapevole del soggetto impersonificato da Hugh Grant nel film con Emma Thomson, mi son ritrovata immersa nella diplomazia di facciata della classe bene inglese, proporzionale all’età e alla stupidità dei personaggi, tra il fruscio delle ampie gonne in mussolina, le maniere educate dei gentlemen e l’eleganza delle ragazze da marito ai balli di società; tra i dibattiti sulla bellezza dei paesaggi romantici o la comodità della città, gli sguardi che accendono pettegolezzi ed equivoci, la prudenza della ragione contrapposta all’impetuosità del sentimento, confesso di aver sognato di essere una di quelle giovani donne che a vent’anni non hanno di che preoccuparsi tranne che di riconoscere, tra un tè e l’altro, il bravo ragazzo serio disposto ad offrire loro una vita dignitosa.  Accompagnata spesso dalla sottile ironia della Jane che, conoscendo a fondo la sua società, è capace di sorriderne a mani composte, trovo finalmente nel capitolo 41 la mia frase, dettata dal buon senso di Elinor, per nulla ironica, anzi incisiva come non sono mai riuscita ad essere io al riguardo.  Si parla di un giovane diseredato dalla madre per aver rifiutato di sposare una ragazza ricca, preferendone un’altra, povera, di cui è innamorato. Elinor afferma che non è affatto il caso di avere dei riguardi nei confronti della madre di lui, dal momento che, in ragione della sua decisione, molto probabilmente non prova alcun tipo di sentimento per il figlio.

“Though it is not to be supposed that Mrs Ferrars can have the smallest satisfaction in knowing that her son has money enough to live upon, – for that must be quite out of question; yet why, after her late behaviour, is she supposed to feel at all? She has done with her son, she has cast him off for ever, and has made all those over whom she had any influence cast him off likewise. Surely, after doing so, she cannot be imagined liable to any impression of sorrow or of joy on his account – she cannot be interested in anything that befalls him. She would not be so weak as to throw away the comfort of a child, and yet retain the anxiety of a parent!”

Traduco l’ultima frase con una domanda retorica: “Sarebbe così debole da gettare alle ortiche la gioia di un figlio, ma mantenere la preoccupazione di un genitore?” Anche solo per questo passo, è valsa la pena per me aver letto questo classico della letteratura. A ognuno il suo vissuto, a ognuno la sua ispirazione. Ora ho le parole giuste, messe per iscritto ben duecento anni fa, un secolo prima della nascita della psicanalisi, per spiegarlo ad un’amica.

Inoltre, con una frase si sfalda la necessità di stabilire una superiorità tra ragione e sentimento: quello che conta è ciò che oggi chiamiamo intelligenza emotiva.

Claudia A.

Pubblicato in Letteratura, Narrativa | Contrassegnato , , , | Lascia un commento

Giacché l’Arte è l’emozione senza il desiderio

La bramosia umana! Non possiamo smettere di desiderare, e questo ci esalta e ci uccide al contempo. Il desiderio! Ci sostiene e ci crocifigge, portandoci ogni giorno sul campo di battaglia dove ieri abbiamo perso ma che, nel sole di un’altra giornata, ci sembra nuovamente un terreno di conquista; e anche se domani moriremo, il desiderio ci fa erigere imperi destinati a diventare polvere, come se la consapevolezza che presto cadranno non riguardasse la sete di edificarli ora; ci infonde l’energia di volere sempre quello che non possiamo possedere e ci getta all’alba sull’erba disseminata di cadaveri, affidandoci fino alla morte progetti che appena compiuti subito rinascono. Ma è così estenuante desiderare incessantemente… Ben presto aspiriamo a un piacere senza ricerca, sogniamo una condizione felice che non abbia inizio né fine e in cui la bellezza non sia più finalità né progetto, ma divenga la certezza stessa della nostra natura. Ebbene, questa condizione è l’Arte.

Muriel Barbery

Pubblicato in Arte, Citazioni, Narrativa | Contrassegnato , | Lascia un commento

Scordi il futuro, ti lascerai sfuggire il tuo presente

…In realtà temiamo il domani solo perché non sappiamo costruire il presente e quando non sappiamo costruire il presente ci illudiamo che saremo capaci di farlo domani, e rimaniamo fregati perché domani finisce sempre per diventare oggi, non so se ho reso l’idea.

Quindi non bisogna affatto dimenticare. Occorre vivere con la certezza che invecchieremo e che non sarà né bello né piacevole né allegro. E ripetersi che ciò che conta è adesso: costruire, ora, qualcosa, ad ogni costo, con tutte le nostre forze. Avere sempre in testa la casa di riposo per superarsi continuamente e rendere ogni giorno imperituro. Scalare passo dopo passo il proprio Everest personale, e farlo in modo tale che ogni passo sia un pezzetto di eternità. Ecco a cosa serve il futuro: a costruire il presente con veri progetti di vita.

(L’eleganza del riccio – Muriel Barbery)

Pubblicato in Citazioni, Narrativa | Contrassegnato , | Lascia un commento

Le parole per dirlo

Quello che ho capito è che Europa è una parola greca che vuol dire “sguardo ampio”.

Quello che non ho capito è come sia possibile che l’Europa abbia uno sguardo così ristretto da abbandonare la Grecia.

(Fabio Fazio e Roberto Saviano in Quello che (non) ho, La 7)

Pubblicato in Attualità, Citazioni | Contrassegnato , , , | Lascia un commento

Italia da Vivere

Ho passato un’estate in Grecia senza ferie l’anno scorso, anzi senza vacanze al mare. Me lo ero ricreato come potevo il mare dentro casa: sul letto lenzuola azzurre con conchiglie stampate, alle pareti un’improbabile ballerina in tutù che emerge dai flutti in trionfo, le dolci note al pianoforte di Einaudi della raccolta Le Onde e una lettura ad hoc, “Oceano mare” di Alessandro Baricco.  È stato scritto di tutto su quest’opera in tanti anni e non ho intenzione di farne una recensione io, però ci tengo a richiamare l’attenzione sui significati di questo racconto visionario e a scambiare commenti con chi l’ha letto

View original post 917 altre parole

Pubblicato in Uncategorized | Lascia un commento

Inno alla mensa degli studenti

Chi non ha più un lavoro come me, ma ha ancora l’aria da studente, chi ha uno stomaco di ferro e gratitudine per un piatto pronto, può andare alla mensa universitaria gratuita di Salonicco. A mensa la selezione si fa all’ingresso, dipende tutto dall’età che si dimostra: gli addetti danno un’occhiata, mi vedono con la faccia pulita in stile Alba Chiara, scarpe da ginnastica e occhiali da secchiona e non dicono nulla. La mensa è uno stanzone gigantesco al primo piano, con vista sul cantiere della metropolitana: ci si mette in fila in due corsie, poi da una finestrella spunta un vassoio con due piatti e un frutto, non si sceglie, non si paga. L’hanno abbellita negli ultimi anni, c’è una galleria di foto artistiche appese alle pareti, tanti murales colorati, c’è persino un ascensore ora. A mensa si trovano gli stessi piatti di dieci anni fa, le patate al forno, la frittata con la feta e il pollo col riso del martedì, con le stesse identiche salse di allora e lo stesso personale appoggiato ai muri col begleri tra le dita ad aspettare che finiamo. Ci sono sempre le solite bionde svedesi dell’Erasmus e le spagnole variopinte con accostamenti da indigestione (una è riuscita ad abbinare camicia a quadretti, maglia a fiori, gonna scozzese, calze a righe, fiocco in testa, taglio asimmetrico e occhiali da clown). È incredibile la varia umanità che si incontra alla mensa degli studenti di Salonicco, felliniana direi: ho visto sfilare le ragazze tutte tacchi e scollatura, gli sportivi in calzoncini corti anche a gennaio, i musicisti col violino in spalla, persino gli artisti di strada col cappello buffo e i giocolieri che si piazzano all’incrocio sotto l’ingresso. In mensa succede di tutto, oltre che mangiare nei tavoli da 6, dove fumare è la minima trasgressione: a mensa si chiacchiera, si pettegola, ci si fa il segno della croce prima e dopo, si sbirciano i libri -raramente-, si trascrivono gli appunti, si accende il portatile, si rifà la fila per un secondo vassoio, si comunica da un tavolo all’altro per prendersi l’aceto per disinfettare la forchetta, ci si bacia in piedi appoggiati a uno spigolo come se non ci fosse nessuno attorno, si scoprono i film del cineforum, si attaccano gli annunci Lezioni di italiano e traduzioni da parte di madrelingua italiana, chiamatemi! In un tavolo accanto al mio un giorno a pranzo c’era una serissima partita a carte tra i piatti vuoti, mentre un’altra volta ho visto due sordi comunicare nella lingua più chiassosa al mondo. Tempo fa un egiziano seduto di fronte a me mi spiegava che l’arancia si mangia anche con il bianco attorno, perché protegge lo stomaco dall’acidità, mentre un greco mi ha offerto una mela e si è anche alzato per lavarmela!

Oggi a mensa c’è un’atmosfera particolare: tra i tavoli mezzi vuoti per via della partita del Paok contro l’Udinese, alcuni ragazzi stanno suonando la chitarra; non riconosco il ritmo, neanche li vedo dall’angolo in cui siedo, nascosti dietro le ragazze dalla chioma leonina, ma suonano quei ritmi delicati che entrano nell’anima anche senza che si stia lì ad ascoltarli, che fanno compagnia come in un bivacco attorno al fuoco, tant’è che non riesco ad andarmene appena finito di mangiare.  E stasera, assieme alle filamentose bamies, una verdura che esiste solo qua, c’è anche il dolce, il rizogalo: budino di riso al latte spolverato di cannella, incredibile ma lo fanno benissimo qua!!!! Rivado alla finestrella al limite della chiusura e la signorona col cellulare all’orecchio mi sorride e me ne dà un altro! Ringrazio come una bambina e me lo godo tutto, alla grande stasera!

clicla77

Pubblicato in Life | Contrassegnato , | Lascia un commento

Coincidenze

Secondo lei la vita era piena di incontri distinti e intenzionali che alcuni, insensibili e stupidi, chiamano “coincidenze”. (Orhan Pamuk – La nuova vita)

Pubblicato in Citazioni, Letteratura, Narrativa | Contrassegnato , , | Lascia un commento

Roberto Benigni a Salonicco!!!

Robbbberto! Orgoglio italiano in Grecia! Commenterà anche il Canto XI dell’Inferno di Dante Alighieri. La comunità italiana di Salonicco sarà tutta lì!

Il Rettore dell’Università ‘Aristotele’ di Salonicco Professore Ιoannis Milopoulos
e il Direttore del Dipartimento di Lingua e Letteratura Italiana Professore
Febo-Βasilio Ghicopoulos presiederanno alla Cerimonia di Conferimento della Laurea Honoris Causa a Roberto Benigni, mercoledì 4 aprile 2012 alle ore 19.00 nell’Aula Magna della Facoltà di Lettere dell’Università ‘Aristotele’ di Salonicco.
Pubblicato in Letteratura | Contrassegnato , , , , | 3 commenti

4 marzo ’43

Italia da Vivere

L’impresa eccezionale è, dammi retta, essere normale.

Lucio Dalla

Claudia A.

View original post

Pubblicato in Musica | Contrassegnato | Lascia un commento

Amore, quello vero

L’amore è per i coraggiosi. Tutto il resto è coppia.

Barbara Alberti

Pubblicato in Citazioni | Contrassegnato , , | Lascia un commento